La tavolozza dei colori di Diego Velázquez
di Matthew D. Innis
Senza dubbio, lo spagnolo Diego Rodríguez de Silva y Velázquez è una delle figure più importanti nella storia della pittura. La sua pennellata innovativa e la sua maniera diretta di dipingere erano rivoluzionarie, creando nei suoi lavori un senso di energia e atmosfera che portò molti suoi contemporanei a sostenere che mentre gli altri dipingevano l'arte, Velázquez dipingeva "la verità". Dalla sua riscoperta, agli inizi del XIX secolo, Velázquez e il suo metodo hanno ispirato innumerevoli giovani artisti, da Manet e gli impressionisti, attraverso Whistler, Sorolla, Sargent e molti, molti altri.
Badessa Jerónima de la Fuente (1620)
Si può sostenere che Velázquez, utilizzando una tavolozza semplificata, limitata anche se confrontata con l'esigua selezione di pigmenti disponibili agli artisti del Seicento, fu libero di essere più ambizioso nell'esecuzione tecnica dei suoi dipinti. La sua tavolozza di colori, infatti, cambiò molto poco durante tutta la sua carriera. Quello che cambiò fu il suo modo di applicare i colori e il materiale su cui dipingeva, cambiamenti che hanno migliorato la sua arte, e che furono possibili solo attraverso l'acquisizione di una conoscenza più approfondita dei suoi materiali di lavoro.
Juan de Pareja (1650)
Secondo Carmen Garrido, capo dei servizi tecnici presso il Museo del Prado di Madrid ed autrice di "Velazquez, tecnica ed evoluzione", la tavolozza di Velázquez consisteva nei seguenti colori:
BIANCO: composto da piombo bianco e calcite
GIALLO: giallo ossido di ferro, piombo-stagno giallo e giallo di Napoli (quest'ultimo usato con parsimonia)
ARANCIONE: ossido di ferro arancio e cinabro di mercurio
ROSSO: rosso ossido di ferro, cinabro di mercurio e il rosso biologico
BLU: azzurrite, lapislazzuli e smalto
BROWN: marrone ossido di ferro e ossido di manganese
NERO: nero organico di origine vegetale o animale
VERDE: azzurrite, ossido di ferro e piombo-stagno giallo
VIOLA: rosso organico e azzurrite
Per la miscelazione di questi composti organici e minerali in una vernice lavorabile, Velázquez utilizzò principalmente oli puliti, aggiungendo anche un "materiale di associazione basato su proteine" ¹ come uova o colla animale per i passaggi più opachi. Smalto e calcite sono stati aggiunti alle sue miscele non solo per modificare i colori, ma anche per alterare la qualità finale della vernice: lo smalto accelera il tempo di asciugatura, mentre la calcite aumenta la trasparenza di un colore particolare.
I suoi pigmenti solitamente non erano macinati nè molto finemente né grossolanamente, anche se a volte la realizzazione di una certa trama del pigmento richiese uno spostamento in entrambe le direzioni, secondo l'effetto desiderato di riflessione che voleva realizzare.
Don Diego de Corral y Arellano
La sua scelta di supporti usati varia durante la sua carriera in funzione del risultato finale che stava cercando di raggiungere. In genere, Velázquez ha utilizzato lino o canapa, anche se il numero di fili del panno è stata una scelta consapevole in particolare per ogni composizione. A volte ha usato anche il mantellilo, un tessuto veneziano con un "distinguibile modello a linee incrociate", oppure ha usato il taffetà, una "tela piuttosto grossolana, tessuta in modo uniforme."²
Pablo de Valladolid, un comico alla corte di Filippo IV. (1635)
La base su cui Velázquez dipinse cambiò parecchie volte nella sua vita, in base alla sua esperienza e all'effetto complessivo che ogni base avrebbe avuto sul suo lavoro finito.
All'inizio della carriera, Velázquez preparò le sue tele come gli aveva insegnato il suo maestro, Pacheco, con un tono medio di ocra chiamato "tierra de Sevilla." Più tardi cambiò con un fondo di terra rossa favorito dagli artisti di Madrid chiamato "tierra de Esquivias." Questo solitamente venne applicato direttamente sulla tela, ma a volte fece parte di un innesco di due strati, con lo strato iniziale composto da organico nero, carbonato di calcio e una copiosa quantità di colla.
Dopo il suo primo viaggio in Italia nel 1629, tuttavia, ha sperimentato il piombo bianco per preservare la luminosità nei suoi dipinti. Di solito ha tinto il piombo bianco con un pallido grigio o un marrone chiaro, ma a volte lo ha lasciato quasi puro. Questo fondo bianco normalmente veniva spalmato sulla tela usando una spatolina a coltello, anche se per alcune commissioni dove Velázquez voleva una superficie complessiva più fluida, ha applicato il fondo bianco utilizzando un pennello sottile. Per gli ultimi tre decenni della sua vita, questo fu il suo fondo preferito, anche se ciò non gli impedìi, lavorando su alcuni dipinti, di sperimentare altri colori, tra cui quelli scuri favoriti dai veneziani. In genere, tuttavia, una volta che Velázquez abbandonò un metodo specifico di preparazione, non tornò mai ad utilizzarlo.
Don Diego de Acedo (El Primo) c. 1645
Nel suo libro del 1924 "The Science and Practice of Oil Painting", l'autore Harold Speed propone una sua interpretazione dei colori e della tecnica del maestro relativamente al ritratto del re Filippo IV di Spagna attualmente alla National Gallery di Londra. Dopo aver studiato i dipinti di Velázquez nel Museo del Prado, Speed è giunto alla conclusione che l'artista abbia usato un neutralizzatore per controllare la crominanza dei colori nel viso del soggetto. Questo neutralizzatore, teorizzato da Speed, è stata ottenuta attraverso una combinazione di due neri, uno caldo e uno fresco. Il nero caldo era il negro hueso, quello che gli inglesi chiamano marrone d'osso, un colore con un tempo di asciugatura scarso. Speed ha provato a sostituirlo con l'avorio nero mescolato con un po' di terra di Siena bruciata per creare una propria variazione di marrone d'osso. Per raffreddare il nero ha scelto un nero-blu a cui ha aggiunto un po' di blu cobalto per meglio soddisfare i suoi desideri.✝
Filippo IV di Spagna (1657-60)
Harold Speed seziona il quadro di Filippo IV
All'inizio della lavorazione immagino che Velazquez, per il volto di Filippo IV, abbia miscelato colori molto semplici, poco più dei suoi due neri soliti, concentrando la sua attenzione nell'inserire la massa principale del suo schema di luce sul buio, nel modo più bello, gettando le basi del disegno sottile su cui poggia tutta il lavoro.
Tutto questo, fatto in chiave proporzionata di luce, con pochissima vernice ovunque tranne che nelle luci, non caricate, ma ugualmente solide.
Nella seduta successiva il passaggio precedente è stato smorzato con hueso negro (osso marrone) e col giallo utilizzato dal maestro. Il giallo con cui dipinse la catena d'oro e le luci. Un colore che si trova modificato nella maggior parte delle sue immagini; personalmente l'ho ottenuto, lavorando nel Museo del Prado, con cadmio pallido e un po' di giallo ocra. In questo opacizzante dipinse le luci con un fresco rosso Robbia, un blu, probabilmente smaltato e il giallo sopra descritto. Il suo particolare rosso delle labbra, credo, sia stato ottenuto con la Robbia e il giallo. La particolare qualità perlata della colorazione, si ottiene dipingendo con tocchi leggeri, colori freddi sopra un opacizzante più caldo. Potete vedere l'opacizzante ancora visibile su alcuni dei bordi e nelle ombre.
Un colore usato in un secondo passaggio, sopra un altro simile sottostante, non risulta bene ed appare noioso.
Tutti questi esperimenti di colorazione dovrebbero comunque essere evitati dagli studenti di pittura, fino a quando arrivino ad un livello molto avanzato, in quanto necessitano di molta sicurezza e di grande abilità tecnica.
Questo lavoro certamente sfrutta gli effetti di luci sottili, fredde, solide, dipinte in ombre trasparenti.
Velázquez riprende la tecnica di Tiziano, ma togliendo dove l'italiano aggiungeva, servendosi di sottilissimi strati di pittura, arrivando a lasciare, come in alcuni punti, la tela bianca, una tecnica moderna che ritroveremo solo dagli Impressionisti in poi.
In ogni caso la principale particolarità di questo dipinto, non riguarda come è stato realizzato, ma l'autore.
La componente più rilevante è la maestria dell'occhio che controllava ogni tocco e aveva in mente l'effetto voluto. Il distinto senso della forma, il trattamento di ciò che è grande e di ciò che è semplice; la bellezza della luce che anima e rende fresco l'incarnato. Un campo dove la tecnica deve lasciare spazio alla sensibilità dell'artista. ³
Nota riguardo alla descrizione di Harold Speed: purtroppo, nel corso della sua vita, è stato testimone dei postumi di un pessimo lavoro di pulizia fatto per il ritratto di Filippo IV presso la National Gallery. Gran parte della finezza della pittura è stata persa quando una troppo zelante rimozione della vecchia vernice ha cancellato anche smalti delicati dello strato superiore del dipinto.
Cristo in croce (1632)